Novembre 24, 2024
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Vocaboli come "capobranco" e cane "dominante" non possono assolutamente mancare nel vocabolario della cinofilia ad uso e consumo di tutti. Non ci sarebbe niente di male se questi termini venissero utilizzati con una certa coerenza, cosa che purtroppo non avviene quasi mai.

A mio avviso le cause principali di una scorretta conoscenza dei termini e dei concetti legati a questi due "punti fermi" della cinofilia, è da ricercarsi nel bagaglio di conoscenze nato da una cultura in parte tramandata da generazioni, in parte da concetti estrapolati o mal presentati sulla rete, ma anche e soprattutto delle informazioni fuorvianti che vengono proposti in televisione attraverso personaggi come Cesar Millan.
Siamo tutti d'accordo sul fatto che Internet sia uno strumento utilissimo sotto tanti punti di vista, però è necessario che le persone sappiano cosa cercare e dove! Quello che invece accade sempre più spesso è una disattenzione forte nei confronti delle fonti, che spesso non sono autorevoli.

Proprio questa mattina la proprietaria di una femmina di meticcio che sto seguendo, mi racconta un avvenimento del giorno precedente. Mi dice di essere andata in area cani con il suo cane, di averla richiamata, senza ottenere grandi risultati. Premetto che non siamo ancora arrivati a lavorare sul richiamo!
Il proprietario di un altro cane che fino a pochi istanti prima aveva giocato con Trilly, questo è il nome della cagnolona, si sente in dovere di dire alla signora che se il suo cane non torna al richiamo sicuramente è dominante. Per questa ragione la proprietaria non riuscirà mai a farsi ascoltare dalla cagna.
Chiude il suo exploit culturale, richiamando il suo cane con un fischio, per dimostrare la proprietaria di Trilly che lui è sicuramente un buon capobranco e che di conseguenza il suo Labrador di cinque anni non è di certo un cane dominante. Trilly, la femmina di cui parlo, ha 11 mesi, vive insieme alla proprietaria da circa tre mesi ed è stata recuperata da un canile.
Inutile dire che a volte la scelta migliore, anche se quella meno applicata, è non esprimere pareri su cose che non si conoscono.
Purtroppo questo scenario, appartiene ad un panorama estremamente diffuso, le conoscenze così dette pret-à-porter, spopolano e convincono persone con un bagaglio esperienziale non poi così esteso, ad esprimere il loro punto di vista utilizzando termini e concetti in modo non corretto.

E' necessario fare attenzione quando si parla di capobranco

Da diversi anni ormai, sappiamo che il periodo sensibile di socializzazione del cane è quello che permette a questo animale di riconoscere i conspecifici e di conseguenza anche gli individui che appartengono a specie diverse. Tale processo è racchiuso in un periodo di tempo che va dalla 4ª alla 12ª settimana di vita del cane. Questo dovrebbe permetterci di comprendere che dalla 12ª settimana di vita in poi, quando il cane ci ha davanti, sa di non avere a che fare con un suo simile.

Oltre a questo, dobbiamo considerare che il concetto di capobranco, nasce dagli studi svolti sul lupo (inizialmente in semi libertà) intorno alla metà degli anni 70, poi parzialmente confutati 15-20 anni più tardi. Da tali studi, si è visto che la struttura gerarchica di un branco di lupi (liberi), non è poi così rigida. Lascia infatti spazio agli individui, per sviluppare sinergie finalizzate ad una cooperazione, anziché all'idea della rigida gerarchia prospettata inizialmente.

Mettendo insieme queste due considerazioni, giungiamo alla conclusione che per il cane è praticamente impossibile considerarci il capobranco. Infatti non ci vedrà mai con me un suo pari e soprattutto per natura, cercherà più volentieri situazioni sinergiche.

Per essere chiari fino il fondo, il concetto di capobranco, non esiste nel cane. Men che meno se vogliamo vederlo riferito ad un essere umano.

Il mito del cane dominante

Vedo ora su di un'altra nota dolente. Quando sento alcuni proprietari di cani parlare di questo fantomatico cane dominante, non capisco se sia un cane ambito oppure un cane che è meglio non avere. Alcuni si sentono grandi perché a loro avviso sono in grado di gestire il temibile "cane dominante", altri sostengono di aver avuto una certa dose di sfortuna nel incappare il cane con queste caratteristiche. In essenza però, ogni volta che un proprietario non riesce ad ottenere un risultato sperato con il proprio animale, si ripara dietro alla figura mitologica del cane che domina.

Cerchiamo di capire cosa si intende per cane dominante: chi domina, ha la tendenza a stare sopra a tutti gli altri, giusto? Per questa ragione si presuppone che un individuo al di sopra degli altri, non abbia bisogno di nessuno per la propria sopravvivenza.
Quanti di noi danno 50 € al cane, dicendogli vai a comprarti ciò che vuoi da mangiare? Se c'è qualcuno che fa questo, può scrivermi e sarò davvero contento di rimanere sbalordito.
Scherzi a parte, la retta vaccinata davanti al fatto compiuto che il cane dipende da noi per tantissimi aspetti, definirlo pertanto dominante non rispecchia la verità. Se andassimo a ricercare con attenzione una condizione che possa essere sostenuta dal concetto di cane dominante, quanto meno dovrebbe essere racchiusa in un aspetto specifico della vita del cane. Se volessimo infatti estendere questo principio tutte le situazioni che l'animale può affrontare nella sua esistenza, cercheremo davvero a dargli denaro perché provveda da solo alle sue esigenze.

Non credo assolutamente nell'esistenza del cane al 100% dominante, né tantomeno credo che il concetto di dominanza venga utilizzato nel modo corretto.
Anche nella patologia comportamentale quella che viene definita aggressività da dominanza, mostra il cane, che dal punto di vista umano, aspira a questa condizione, ma frustrato per il mancato raggiungimento, manifesta comportamenti aggressivi.
Sono convinto che il proprietario medio debba fare molta più attenzione nell'utilizzo di alcune terminologie, anche se queste lo mettono nella posizione di cinofilus sapiens sapientis.

 

Articolo di Moreno Sartori, presidente della M&M Dog's Trainers A.S.D. ed educatore cinofilo.

Socializzazione del cane, parola molto utilizzata nell'ambito cinofilo, ma anche dal significato confuso. Spesso sentiamo accostarla a cani adulti, altre volte a cuccioli, in alcuni contesti ci si riferisce alla socializzazione ma si sta parlando di altro.

Moreno Sartori, presidente della M&M Dog's Trainers A.S.D. ed educatore cinofilo, ha provato a fare chiarezza, ecco a cosa dobbiamo pensare quando parliamo di socializzazione.

Siamo tutti assolutamente d’accordo nell’affermare che il cane è un animale sociale. In condizioni di selvaticitá vive in branchi, mentre quando è domestico trova riscontro ed appoggio sociale negli individui con cui vive, siano essi solo esseri umani o conspecifici.

Perché vengano strutturate le condizioni ideali di socialità, devono verificarsi eventi specifici in momenti specifici della vita dei cane. Per esempio dalla 4ª alla 8ª settimana di vita, è necessario che il cane abbia contatti con i suoi simili, al fine di riconoscersi come appartenente a quella specie, questa viene definita socializzazione intraspecifica. Dalla 8ª alla 12ª settimana di vita, è invece importante che il cucciolo venga messo a contatto con tutte specie differenti dalla sua, compreso l’essere umano, con l’intento di riconoscerle come non pericolose, pertanto tranquillamente “frequentabili”. Dalla 12ª alla 16ª settimana di vita invece, è necessario esporre il cane a tutte le situazioni ambientali possibili ed immaginabili, affinché non sviluppi particolari paure inerenti agli ambienti/situazioni. Questo gli permetterà di affrontare con il massimo dell’apertura qualunque cambiamento andremo a vivere insieme a lui.

I riferimenti in termini di settimane, possono variare in funzione della taglia del cane, infatti i soggetti di dimensioni maggiori, tendono ad avere una crescita fisica ed emotiva più lenta rispetto a quelli più piccoli. Ciò nonostante al termine di questi tre importanti periodi principali di socializzazione, il cane perde gradualmente la capacità di essere esposto costruttivamente a tutte le situazioni precedentemente descritte. Questa è la causa principale dell’insorgenza di alcune delle problematiche di comportamento più diffuse.

Da tempo ormai si sta delineando in Italia una tendenza concettualmente rischiosa, si sente parlare sempre più spesso di percorsi di socializzazione e/o classi di socializzazione in cui i cani coinvolti sono, per età, fuori dal periodo effettivo in cui questo può accadere. Questa condizione, di per sé potrebbe anche non essere particolarmente importante, purtroppo però molte persone si convincono davvero di poter cambiare il loro cane a livello comportamentale, semplicemente inserendolo in questi contesti che dovrebbero favorire la socializzazione. Molto spesso, i cani che partecipano con una certa regolarità a queste situazioni, tendono a costituire una sorta di branco che  funge da contenimento per gli individui appena inseriti. Il risultato ottenuto, anche con soggetti caratterialmente difficili, è spesso apprezzabile. E c’è una ragione, ma non è quella in cui normalmente il proprietario spera.  

Purtroppo, e lo dico perché sarebbe davvero molto bello ottenere risultati stabili nel tempo con questa modalità, il cane sentendosi accerchiato da stimoli che ritiene pericolosi e non potendoli affrontare tutti insieme, tende ad avere un comportamento assolutamente pacifico con tutti. Questo permane fino al momento in cui non rivive una situazione di incontro uno a uno, infatti appena il cane ritiene di poter far fronte nuovamente a ciò che ritiene un pericolo, purtroppo manifesterà nuovamente quelli che sono i suoi comportamenti abituali.

Dobbiamo pertanto fare attenzione ad operare scelte finalizzate alla risoluzione delle problematiche che originano dalla scarsa socializzazione, poiché senza un programma specifico, i margini di recupero sono davvero molto bassi. 

Pur avendo fatto questa precisazione, sono convinto che queste situazioni siano favorevoli, poiché, come dicevo in apertura dell’articolo, il cane è un animale con una socialità davvero molto  spiccata, di conseguenza ogni occasione di interazione con i suoi simili e da considerarsi una buona cosa. La condizione migliore parte però da una buona socializzazione nei periodi giusti e non quando il cane ha già raggiunto la maturità.

Se frequenti con una certa regolarità un’area cani, hai sicuramente individuato i soggetti equilibrati e quelli non equilibrati.  Per semplificare puoi definire equilibrato il cane che in una situazione di confronto con i conspecifici, tende ad operare scelte pacifiche. Invece meno, o per nulla equilibrato, è il soggetto che coglie ogni occasione di interazione per manifestare comportamenti aggressivi. Prestando attenzione a quanto ti accade intorno, potrai effettuare una cernita abbastanza accurata di cani che possono interagire con il tuo. Tieni però presente, che in alcuni casi, quando il cane risulta fuori dai periodi di socializzazione, l'unica modalità per ottenere un miglioramento gestionale è quella di lavorare esclusivamente sull'abitudine alla presenza di conspecifici. Questo non farà del tuo cane un individuo socievole, ma lo renderà sicuramente meno suscettibile agli incontri "a rischio", soprattutto se il lavoro vieni improntato sull'opportunità che sia il proprietario a prendere decisioni relative ad ogni singolo incontro.

Non voglio in alcun modo sminuire la figura di educatori o istruttori cinofili che possono efficacemente monitorare un incontro tra cani, dico solo che osservando con attenzione ciò che ti circonda, puoi decidere con la discreta approssimazione quali cani sono più adatti ad interagire con i propri simili. Ricorda inoltre che i comportamenti aggressivi, non sono da condannare o giustificare devono essere considerati come il campanello d’allarme di una condizione emotivamente difficile. Le manifestazioni di aggressività, andrebbero monitorate tanto dal proprietario, quanto da chiunque abbia “contatti” con questi cani, che difficilmente possono acquisire nuovi comportamenti duraturi dal semplice incontro con i loro simili.

Concludendo, se hai sotto casa situazioni similari e sei in grado di riconoscerle, scegliendo con cura le interazioni per il tuo cane,  stai già facendo un ottimo lavoro che gli consente di esprimere al meglio la sua socialità.

Ricorda comunque, che qualora sia tu nella posizione di avere un cane che fatica a relazionarsi con gli altri, ci sono spesso buone opportunità di miglioramento, soprattutto quando viene costruito da una persona competente un programma ad hoc, in grado di costruire fiducia in se stesso ed abbassare il livello della sua preoccupazione. Purtroppo, spesso le scelte migliori, sono quelle che prevedono un impegno maggiore.

 Ecco un video che riassume quanto detto nell'articolo:

 

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