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"Qua la zampa dottore!" è un libro particolare, nel senso che non ha una trama ben definita, a meno che non vogliamo prendere come filo conduttore la prima paziente di cui si occupa questo veterinario inglese trapiantato in America.
Sage e il suo compagno umano, il signor Hartman, sono la prima coppia umano-cane che incontriamo entrando nella clinica veterinaria dove il dottor Trout lavora come chirurgo veterinario.
Nel libro viene riassunta, in una sola giornata, la vita lavorativa di questo veterinario di Boston, l'autore ci racconta alcuni dei casi più strani ed emozionanti con cui ha dovuto fare i conti durante la sua carriera, il tutto condito da spiegazioni scientifiche di alcune malattie, casistiche e statistiche riguardanti non solo le patologie più o meno diffuse negli animali (in particolar modo cani), ma anche riguardanti teorie o studi sulle persone ed il loro rapporto con gli animali. L'autore ci pone di fronte ad alcuni argomenti di ordine etico, come l'eutanasia, la chirurgia estetica sugli animali, il rapporto tra animali e uomini e quanto questi siano disposti a spendere e fare per loro. L'autore prova a fare un confronto con le spese mediche umane e quelle veterinarie, troppo costose, ma soltanto perchè la maggior parte degli americani possiede un'assicurazione sanitaria e non si rende conto di quanto siano costose quelle umane! Parla di come, oggi, i proprietari di animali siano più attenti a ciò che succede ai propri compagni pelosi, come si avvicinino alle malattie anche attraverso il web, l'autore ci fa capire come questo sia uno strumento importante, ma a doppio taglio, poichè chiunque può scrivere cose: "A volte internet assomiglia un pò ad una religione per agnostici che hanno bisogno di una spalla su cui piangere solo quando le cose si mettono male. Per farla breve, il mio consiglio è quello di considerare un pò tutti gli aspetti, di non perdere mai di vista il quadro generale e di ricordarsi sempre che le cattive notizie riscuotono maggior successo di quelle buone".
In queste trecento pagine viviamo una giornata interessante, e stancante allo stesso tempo, insieme al dottor Trout che prova a farci osservare la medicina veterinaria a 360°: dal punto di vista del medico, del paziente e del cliente, ci spiega come la cattiva comunicazione sia la causa di molte azioni legali nei confronti dei medici veterinari e come le scoperte in campo umano vengano riadattate sugli animali.
Insomma, un libro particolare perchè di fondo non c'è una vera e propria trama, ma prende il lettore come se ci fosse poichè non si vede l'ora di girare pagina e scoprire quale nuova avventura attenda il dottor Trout, perchè non si vede l'ora di imparare cose nuove e scoprire dati o informazioni che in pochi rendono noti. Un libro sugli animali e su una professione che sta diventando sempre più importante per i proprietari di animali da compagnia.
Certo, lo stile non è il massimo, ma le pagine scorrono senza problemi e la traduzione in italiano è stata fatta molto bene.
Nick Trout è un veterinario diplomatosi alla scuola di veterinaria all'Università di Cambridge nel 1989, per poi diplomarsi anche al Collegio dei chirurghi veterinari americano ed europeo. Per vent'anni è stato chirurgo presso l'Angel Animal Medical Center di Boston. Vive in Massachusetts con la moglie, la figlia ed il loro Labrador, Thai. Trout è autore di tre saggi (Dimmi dove fa male, L'amore è la migliore medicina e Ever by My Side), i suoi primi due romanzi The Patron Saint of Lost Dogs (Il Santo patrono dei cani perduti) e Dog Gone, Back Soon sono stati i bestseller del Boston Globe. L'ultimo romanzo è The Wonder of Lost Cause uscito il 30 aprile del 2019. Questo il suo sito internet https://www.drnicktrout.com/books
La periodo che mi è piaciuto di più di questo libro è: "Gli animali divorano la nostra solitudine. Ci danno uno scopo, delle responsabilità, una ragione per alzarci la mattina e per guardare al futuro. Ci sostengono, ci aiutano ad allontanare il dolore, ci fanno ridere e approfittano senza remore della nostra debolezza per sfruttare i nostri mobili, i nostri letti e i nostri frigoriferi. Non chiediamo di meglio". (p.25)